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La Chiesa
          

Sorge appena fuori le antiche mura della città, sull’asse viario che la fiancheggia e che, lasciandola, si dispiega costeggiando il porto.

E’ in parte riedificata sulle fondamenta di una precedente chiesa, già esistente nel 1286 e storicamente accertata sia nella sua ubicazione urbanistica che nella sua intitolazione al Protomartire Stefano. A quella chiesuola era annesso un chiuso, cioè uno spazio libero e recintato, certamente adibito agli usi più consoni dell’edificio sacro cui era continuo. Tale, infatti, è la descrizione che si ricava da un atto, riportato nel Libro VII del Codice Diplomatico Barese che, datato 1286, menziona la chiesa col suo chiuso adiacente.

Non sappiamo a chi o a quale organismo fosse affidata la gestione del complesso e si deve giungere al 1431 per rinvenire un documento, con datazione certa, che attesti la presenza di Confr(atr)ibus Ecc(les)iae (de) S(anc)to Stephano.

Col tempo, la necessità di ampliare la chiesuola deve essersi fatta pressante per cui, inglobando il chiuso nella preesistente struttura, si posero le condizioni per l’edificazione di un nuovo edificio che fu realizzato con pianta absidale rivolta a levante e con uno sviluppo planimetrico a navata unica verso ponente, come nelle concezioni medievali di orientamento.

Nel 1529, il sacco perpetrato da truppe francesi alla città, produsse danni di natura così ingente alla chiesa da far propendere per una sua quasi totale ricostruzione. Nasce l’attuale edificio che, questa volta, non rispecchierà più né la planimetria del precedente né l’originario orientamento.

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La Facciata

Si presenta chiaramente incompleta, priva della sezione di ponente.

Probabilmente le ragioni del suo mancato completamento sono da ricercarsi nell’improvvisa, insorta impossibilità, da parte dell’Arciconfraternita, di acquisire – a edificazione iniziata e già avanzata – il suolo esistente fra l’attuale sacrestia e il Borgo e, quando le difficoltà sono divenute impossibili a sanarsi, la sezione di ponente non è stata più edificata.

Realizzata in pietra locale, riecheggia uno stile tardo rinascimentale, frammisto a tracce di elementi architettonici neoclassici e barocchi.
Si erge sviluppandosi in tre ordini. In quello inferiore, tre paraste descrivono, dall’esterno, la suddivisione dello spazio interno. Fra di esse si aprono il portale principale e una porticina laterale. Il portale si presenta con un doppio impianto di chiaro richiamo barocco: una cornice interna, con gli elementi costitutivi fasciati a spirale, e una cornice più esterna formata da montanti che, fasciati anch’essi da tre bugne orizzontali, sorreggono un timpano spezzato.
A raccordare le due parti interrotte del timpano interviene il simbolo identificativo dell’Arciconfraternita Totalmente inserito nel timpano, invece, trova posto un cartiglio lapideo con incisa l’iscrizione che ricorda il rifacimento del tempio nell’anno 1586. Nella sezione di levante s’incentra una porticina secondaria i cui montanti richiamano, anche se in forma diversa, il motivo ornamentale del portale. Un’iscrizione, ormai, scarsamente leggibile: I(nstructum) lapide q(uoius) aur(a) (indi)cti latior aura piropi è incisa sul suo architrave che si completa di un fastigio sormontato da un timpano di evidente richiamo neoclassico.

Nella sezione intermedia, in corrispondenza del portale, si inquadra una cornice che si dispiega in un arcata cieca e a tutto sesto. Nel centro di questa si apre un rosone a raggiera, tipico del cinquecento, mentre nel riquadro minore, sopra la porticina di levante, si staglia un motivo geometrico a forma ottagonale. Nell’ordine superiore infine, in asse col rosone e il portale, troneggia una finestra strombata affiancata da due riquadri lapidei di forma rettangolare.

Conclude la facciata un timpano dai lineamenti rigidamente classicheggianti.

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Il Campanile

E’ l’elemento di rilievo che completa la facciata, riequilibrandola nell’aspetto visivo.

Eretto sulla sezione di levante si erge nella tradizionale forma quadrata ma è curiosamente ricoperto da una cuspide piramidale a base ottagonale, rivestita da piastrelle policrome che gli conferiscono un indubbio sapore orientale.

Unico nel suo genere, conferisce al rigido schematismo della facciata, illegiadrita solo dalle forme movimentate del portale, un tocco di colore che si inserisce, con naturalezza, nel diffuso grigiore della pietra.

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L’Interno

La prima cupola è dodecagonale, sormontata da un lucernaio; la seconda a pianta circolare.

Ciascuna di esse poggia su di un tamburo sul quale si aprono rispettivamente tre e quattro finestre.
La sezione absidale si distende in un continuum planimetrico con l’aula.
E’ determinata unicamente dalle arcate, dal pilastro centrale, dalle rispettive paraste e dalle alzate sulle quali è collocato l’altare, realizzato in pietra locale. Sulla parete di fondo, a coronamento della sacra mensa, trova posto un apparato scenico di stile barocco che si presenta distinto in due ordini. Quello inferiore ha lo spazio scandito da quattro colonnine in forma di paraste a sostegno di un pronunciato architrave che con trabeazione rettilinea ai fianchi, si inarca, nella zona centrale, seguendo l’iter della cornice sottostante, che limita, un’edicola nella quale è collocata la statua di S. Stefano, patrono dell’Arciconfraternita. Nella sezione superiore e in sintonia col parato inferiore, si eleva un elegante fastigio che racchiude, nella sua zona centrale, una pregevole tela centinata del sec. XVII, raffigurante S. Marco evangelista.

Completa il tutto un secondo architrave arcuato che si raccorda con quello sottostante mediante volute che terminano con due eleganti acroteri e sul quale svetta il simbolo confraternale.

La navata laterale, invece, ha copertura a volta. E’ molto più piccola della precedente ed è delimitata da quella e dalla parete esterna di levante. Su questa si apre un vano cappellato che, dotato di altare, si arricchisce della splendida statua della Vergine Addolorata.
Sulla restante porzione di parete che, dal vano cappellato si raccorda alla facciata, trova posto un terzo antico altare, in pietra locale e di più antica fattura, dedicato in origine a San Donato, protettore dell’Ordine Teutonico.

La terza porzione della chiesa è quella adibita a sacrestia che, costituendo la parte più antica dell’intera struttura, conserva l’originaria copertura a crociera.

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